La guerra interiore: tra narcisismo e depressione.

 


La guerra é iniziata molto presto. Una guerra infinita e sfinente che ancora oggi continua ad imperservare dentro di me.

Lei é una piccola bambina, innamorata di suo padre. Lui é sicuramente l'uomo più bello che lei abbia mai visto. Quando si posano su di lui, i suoi occhi brillano. E' così alto, forte, sicuro, mai un'incertezza, mai un'inflessione. Lo ama senza condizioni. Ma, si chiede, sarò all'altezza del suo amore? Saprò conquistarlo? Oltretutto non é da sola; a gareggiare ci sono anche i fratelli, le sorelle, a volte la madre. 

Fin che é piccola le cose scorrono abbastanza bene. Suo padre scherza e gioca con lei, quando ha paura la tranquillizza, la difende quando ne ha bisogno. Certo la sua presenza in famiglia é intermittente ma lei non ci fa grande caso. In casa é lui che mette le regole, é lui che detiene il potere. A tavola la televisione sta spenta; non ci si alza finché tutti non hanno finito...E' un padre autoritario e ama la disciplina. Tutti fanno ciò che lui comanda, senza battere ciglio! Lei é affascinata da tanto piglio, da tanta sicurezza di sé, da tanto potere.

Crescendo le cose iniziano a cambiare. Lo sguardo del padre si indurisce, la distanza aumenta. Inizia a farle paura. E' cosi alto rispetto a lei, quando la guarda si sente piccola e sbagliata. Non parla molto ma quando lo fa é soprattutto per criticarla. Lei soffre. Si sente in errore, manchevole, difettosa. 

Lei vorrebbe disperatamente  essere come lui ma é fatta di una pasta diversa. E' morbida, riflessiva, sensibile...lui la vorrebbe vorace, sicura, una che morde il mondo. Lei invece il mondo lo accarezza!

Piano piano quello sguardo che dall'alto al basso la spiaccica sempre più, comincia a farlo suo. Ma é un processo lento e invisibile. Mica se ne accorge. Goccia goccia, un giorno dopo l'altro, diventa quello sguardo. Diventa suo padre. 

Questo é solo uno dei possibili scenari attraverso il quale avviene l'interiorizzazione delle istanze genitoriali. A volte é il padre, altre volte é la madre o altri familiari. Le frasi dette, le dinamiche subite possono essere molto diverse da storia a storia, ma ciò che resta uguale per tutti, é la sofferenza provata, un'esperienza di mancato amore che dall'esterno viene proiettata all'interno diventando il nostro maggior nemico.

Quella parte introiettata, inizia infatti ben presto a farsi sentire: 

-Certo che non ti ama, non vali niente!-

-Hai di nuovo sbagliato tutto, non capisci nulla-

-Meglio che non parli. Quando apri bocca fai solo danni-

-Sei un'imbranata. Sei un'incapace.-

E' spietata. Lei ha 12 anni e ha il terrore di non valere nulla. 

Tutto quello che accade fuori, neanche a farlo apposta, va a confermare le sue convinzioni: -Mio padre dice che le persone intelligenti sono brave in matematica e io in matematica faccio pena-. -Hai visto, sei stupida!-.

Vorrebbe tanto avere un talento, saper fare qualcosa, eccellere in qualche attività e invece é come tutti gli altri: -Non sai fare niente-.

Questa parte così simpatica e amichevole, che potremo definire depressiva,


la accompagna fin da quei lontani giorni. Le dice che non vale niente, che non realizzerà mai niente e che soprattutto nessuno potrà mai amarla perchè immeritevole di amore. -Se neanche tuo padre ti ha amato, come potrà amarti qualcun'altro?-

-Resterai sempre sola-.

-Nessuno ti vorrà-.

Ha sempre più paura. 

Si sente sola. E soprattutto, pensa di meritarlo. 

Ma la nostra psiche é organizzata in modo da mantenere un certo equilibrio al suo interno. Quindi, se un'istanza prende troppo spazio, se ne crea subito un'altra, opposta alla prima, che serve proprio a ristabilire l'equilibrio saltato. Così, accanto alla parte depressiva, se ne crea un'altra, che é il suo totale opposto: grandiosa e narcisistica. 


-Io sono il meglio che esista.-

-Più di me non c'é nessuno-.

-Chiunque si opponga alla mia supremazia, verrà eliminato-.

-Io merito il meglio e chi non me lo dà, ne pagherà il prezzo-.

-Io sono la più buona- 

-Io sono la più bella-.

Questa parte é così indignata dal trattamento ricevuto, così arrabbiata, così superba ed orgogliosa, tanto quanto l'altra é passiva, silenziosa, compiacente e debole.

Come possono queste due convivere?

Questo scenario, raccapricciante, é ciò che accade dentro a molte persone che conosco, tra cui familiari, pazienti e, non per ultima, me stessa. 

Come si può vivere così? E che tipo di esistenza si può avere in queste condizioni?

Una continua oscillazione tra tristezza e rabbia, tra senso di nullità e una grandiosità distruttiva.

Sì perchè le due istanze non possono essere presenti nella stessa misura contemporaneamente, visto che la loro funzione é opposta ed ha lo scopo di mantenere l'equilibrio. Quando una é alta, l'altra é bassa e viceversa. Inoltre, una delle due sarà esposta all'esterno mentre l'altra sarà nascosta all'interno, lavorando da dietro. 

La persona che sceglie l'istanza depressiva come maschera sociale, sarà una persona apparentemente mite, compiacente, accomodante, empatica, sempre pronta ad aiutare l'altro mettendo se stessa da parte se necessario. Umile, ma non per davvero!, silenziosa, socialmente accettabile, emotiva, sensibile, vergognosa...Tenderà al vittimismo e esprimerà la sua rabbia (e dentro ne ha molta) prevalentemente in modi aggressivo-passivo, quindi facendo sentire l'altro in colpa quando non é come lei desidera. Sarà una persona che corre pochi rischi, che vive nella paura di essere scoperta per quello che é veramente. Una maschera di falsa amorevolezza ed empatia, sempre pronta a colpire da dietro le quinte. 

"Haidi assassina"


fu il soprannome che il gruppo di psicoterapia diede a questa mia parte che avevo ma non conoscevo ancora. La persona si illude di "essere buona"; non che non lo sia, ma non nella forma che lei pensa. 

Colui o colei che al contrario sceglie di portare in superficie l'altra parte, quella narcisista, avrà caratteristiche molto diverse: orgogliosa fino all'estremo, presuntuosa, superba, arrogante, aggressiva in modo diretto, anche violenta a volte, fisicamente o emotivamente. Rabbiosa, controllante, manipolativa, bugiarda, seduttiva, non empatica, egoista e chi più ne ha più ne metta. Vuole conquistare il mondo per dimostrare di avere ragione: lei é la migliore e presto tutti si accorgeranno che é così.

A questa parte di me venne dato il nome di "pantera sorniona"


e questo effettivamente é: una belva pronta ad attaccare il nemico.

Ovviamente anche questo tipo di scelta é destinato ad incontrare molti fallimenti nella vita; ma mentre nel primo tipo questi saranno attesi e quindi meglio metabolizzati, per questo secondo tipo, ogni fallimento rappresenta la morte. Non é accettabile. 

Capiamoci molto bene: le due parti sono sempre presenti entrambe. E' solo una questione di scelta personale. Quale delle due mi conviene di più usare? Quale é meno rischiosa? Lo scopo é alto: la protezione del senso del sé. Queste due parti, apparentemente così disfunzionali, sono come due pilastri di un templio che racchiude la nostra essenza, minacciata da un fuori irrispettoso, traditore e violento.

Nel mio caso per molto tempo, la parte depressiva ha avuto la meglio. Era lei che comandava. 

Io mi sentivo uno schifo ed era giusto così. Certo, a volte vedevo anche dei lati buoni di me e allora mi dicevo che non era tutto da buttare via, ma poi sia il fuori che il dentro rimarcavano ancora quella terribile verità: -Non vali niente-.

Vivere così era terribile. Il senso di solitudine e il bisogno di riconoscimento erano veramente forti.

Il mio primo fidanzatino, una sera mentre ci confidavamo a vicenda, mi disse dal cuore: "Sei molto intelligente Diletta". -Davvero?, Com'é possibile? Io?-  Che bella sensazione, che calore che arriva al cuore. Lui mi salverà per molti anni.

Ho 15 anni e dovrò aspettare ancora molto tempo prima di trovare una vera soluzione.

Entrata nell'adoloscenza, le cose cambiano. Nel profondo remiscolio interiore che avviene in quei momenti, accadde che la parte grandiosa prese il sopravvento sull'altra. E così iniziarono le danze!

Ciò che prima era accettato adesso non era più tollerabile: -Come osa farmi questo?- 

-Gliela faccio vedere io a quello là!-.

Ed effettivamente qualche sorcio verde a mio padre gliel'ho fatto vedere: era guerra aperta e lui non era abituato a quella parte di me. Non sapeva come fare. Le regole non erano più rispettate. La sua autorità messa in discussione. Quella bambina impaurita e compiacente, aveva lasciato il posto ad una furia, impavida e irriverente. 

Devo ammettere che era molto più divertente rispetto al passato. Ovviamente la parte depressiva esisteva ancora, ma se ne stava dietro, al sicuro. Nel mio caso questa fase é durata almeno un paio di anni. Mi sentivo indipendente, forte, agguerrita, piena di energia e senza paura delle conseguenze. 

E queste sono le caratteristiche che effettivamente descrivono la parte grandiosa. Per questo può essere molto pericolosa, perchè distruttiva e per niente preoccupata delle conseguenze. 

La mia guerra interiore si rifletteva perfettamente anche all'esterno, attraverso le figure di mio padre, il grandioso, e di mia madre, l'annullata, che lottavano per la separazione. 

In quegli anni, i più difficili della mia vita, la parte grandiosa di me dovette tornare dietro le quinte. Là fuori la situazione era troppo incerta. Su tutti i fronti la paura governava. A casa il senso di sicurezza era molto basso. A scuola, di nuovo tanta prepotenza e vari tentativi, abbastanza riusciti, di minare la mia scarsissima autostima. 

Il professore di matematica mi chiama alla lavagna: "Sani, oggi vieni te".

-Porca miseria, sarà la fine-

"Risolvi questo problema..."

-Non ci capisco niente-...Ho paura...Sono terrorizzata. Tutti mi guardano.

-La fine si avvicina-

"Sani, ma non capisci proprio niente allora, non é difficile".

-Ecco, lo sapevo, ora mi distruggerà-.

La testa é in pappa. Me ne sto lì, immobile fuori e dentro. Non c'é attività cerebrale...Aiuto...

Il professore sempre più infastidito: "Sani, una dura come te non l'avevo mai incontrata".

Dolore.

Tutti ridono.

Umiliazione. E' insopportabile.

-Basta-, -Facciamogliela pagare-.

Rabbia.

Furia.

Prendo la cimosa e gliela scarico in testa. Il prof. rimane lì, stupefatto dentro una nube di gesso bianco. Io, soddisfatta, prendo la borsa e me ne vado. -Ben fatto Diletta!-

Ma purtoppo é solo un episodio sporadico. Ciò che prevale é invece la paura.  Il dialogo interiore é spietato. Il fuori sembra confermarlo. L'odio verso me stessa, così incapace e inutile, cresce a dismisura. 

Nell'ultimo periodo dell'ultimo anno di liceo, riesco di nuovo a fare lo swift: ho uno scatto di orgoglio quando le aspettative di tutto il corpo professori rispetto all'esito del mio esame di maturità, é praticamente pari a 0.

"Al massimo potrai prendere 40 tu", mi dicono. Ma io so di valere di più. So che sono stata trattata ingiustamente.

Di fronte al professore di lettere, da tutti temuto e rispettato, un altro uomo grandioso nella lunga lista che mi accompagna, mi alzo in piedi e dichiaro: -Io merito di più-. "Farai una figuraccia all'esame, non potrai sorreggere quel voto". -Mi preparerò al meglio delle mie possibilità e dimostrerò a tutti quello che valgo-.

L'esame di maturità fu un trionfo, di cui avevo veramente bisogno per dare a me stessa una piccola prova di speranza. Fu solo allora infatti che mi decisi ad iscrivermi all'università. 

Le mie due istanze interiori iniziavano ad avvicinarsi per la prima volta nella mia vita. Il sè annullato prendeva fiducia e quello grandioso si calmava. La rabbia scendeva, la tristezza si consolava. Io iniziavo a respirare.

Gli anni dell'università sono stati in discesa. Io studiavo e prendevo buoni voti. Lavoravo ed ero abbastanza indipendente. Il fuori non era più così minaccioso come un tempo; il dentro era calmo e piuttosto sicuro. Con la terapia poi, le mie due parti si sono completamente appaiate. Pensavo di aver risolto il problema.

Tutto il mio bisogno di riconoscimento continuo e conferma insaziabile, non erano più così forti come un tempo. E così, mi accorsi che la persona accanto a me, che per anni aveva svolto questa funzione, quasi idolatrandomi, adesso non aveva per me più alcun scopo. 

Adesso qualcuno storgerà la bocca. Cosa sto cercando di dire? Che le persone che scegliamo ci servono a qualcosa? E che nel momento in cui quella funzione cade, anche il rapporto finisce?

In parte sì, questo é esattamente quello che sto dicendo. Ma questa modalità di "stare insieme" non é l'unica ovviamente e non può essere definita "amore". E' più uno stare insieme per bisogno. E' un aiutarsi reciprocamente. Scelgo colui o colei che mi da ciò di cui ho bisogno. Quando il bisogno cade, "l'amore" finisce. Ovviamente non era amore. 

E' possibile anche un altro modo di "stare" con l'altro che non prevede il soddisfacimento reciproco di bisogni e desideri, ma solo poche persone possono accedervi.

Evidentemente neanche io!

Il mio bisogno stava cambiando e così io sentivo l'esigenza di spostarmi altrove. 

Questo spostamento, nel mio caso, ha necessitato 5 anni per realizzarsi. 

Se fino a questo momento, la mia psiche aveva avuto bisogno di un fuori che la tranquillizzasse, confermasse, consolasse, adesso cosa andavo cercando?

Il mio senso del sè si era molto rafforzato, grazie anche alla terapia. La mia parte depressiva, pur presente, non parlava quasi più. La parte grandiosa era equilibrata. E allora perchè non andare a cercare proprio quel "gioco" che un tempo ci ha tanto spaventato ma che forse adesso saremo in grado di affrontare?

Detto fatto!

Mi trovo un nuovo compagno che invece di idolatrarmi, a volte c'é e a volte no, a volte mi vede e a volte no, a volte mi conferma e a volte no.

Che dire, una bella sfida davvero!

Questa volta sono io che metto lui sul piedistallo, proprio come facevo da bambina con la figura di mio padre. Lui é perfetto. E' bello, fuori e dentro. Un cavaliere senza macchia. Lo adoro. 

-Sarò alla sua altezza?-

-Potrà amarmi veramente?-

Ecco che si ricomincia...

-Non puoi pacerli, non sei abbastanza bella per lui-

-Lui meriterebbe di meglio-

-Guarda quella donna lì, quella sì che farebbe al caso suo-

L'insicurezza ricomincia a salire. Torna la sofferenza. Torna la tristezza Voglio solo essere amata. Ma non ci riesco. Non come vorrei. 

E quando una parte scende, l'altra sale...ricordate l'equilibrio?

-Come é possibile non piacerli. Io sono bellissima?-

-E' cieco, non ha visto come sono vestita oggi?-

-E' stupido e non mi merita-.

Rabbia, scaricata sull'altro oppure rivolta verso di me. E' spietata. Vuole solo distruggere. Non importa che cosa o chi. Basta distruggere. E se non posso distruggere lui, perchè investito delle mie parti migliori, allora distruggerò me stessa. E lo faccio, senza pietà.  E mi sembra tutto normale, perchè in fondo é ciò che ho sempre fatto, la strada che conosco meglio.

Questa storia però non può continuare all'infinito. Arriva un momento in cui avviene di nuovo lo swift. La parte triste e depressa, pur presente e molto forte, va in secondo piano, mentre l'altra esce allo scoperto.

-Adesso basta. Dobbiamo fare qualcosa per lenire questa sofferenza. Ci vuole un piano. Qualcosa che ci impegni e che soprattutto ci permetta di dimostrare a tutti, ma soprattutto a lui di cui elemosiniamo l'amore, che noi valiamo di più di quello che lui crede. Non può trattarci così per sempre-.

E allora inizi ad occuparti di qualcosa, un progetto che ti entusiasma, che finalmente ti fa spostare l'attenzione da te stessa. Sulla carta questo é buono ma se non hai messo ordine tra quelle istanze, esse useranno quel tuo anelito di vita e di energia che sembra salutare, per raggiungere i loro obiettivi: dimostrare che non vali nulla oppure far vedere a tutti chi sei e cosa vali. Anche se sembrano opposti, non c'é grande differenza tra i due.

E' la parte grandiosa che guida in questa fase della mia vita. E io le lascio il comando di me. La parte depressa si mette al suo servizio e così tutti i miei talenti e le mie abilità, diventano strumenti nelle sue mani. E' una parte molto scaltra e manipolativa. Sa benissimo quali argomenti usare per mettere tutte le altre istanze interiori, nel sacco. 

"Io voglio aiutare gli altri", ho sempre pensato e sentito nel profondo del mio cuore. -Certo che aiuteremo gli altri ma nel frattempo ci realizzeremo. Guadagneremo. Saremo indipendenti. Aiuteremo la famiglia. E intanto se ci arriva un pò di riconoscimento, mica lo buttiamo via...ma prima di tutto, gli altri-.

Il gatto e la volpe!

Lavoro duramente per realizzare il progetto che ormai vedo come la fonte della mia salvezza.

E quando arriva il momento della sua realizzazione, per motivi che non dipendono da me e sui quali non ho nessun controllo, improvvisamente tutto cade.

Non me lo aspettavo un finale così!

La parte depressiva in realtà sì. Lei si aspetta sempre il peggio: -Ecco lo sapevo, cosa ci siamo illusi a fare...-

Ma l'altra?

Va a pezzi. Si infrange in mille scheggie di vetro sottile.

Io resto lì. Ferma, immobile. Non so cosa fare. Non so chi sono. Non so niente.

La parte depressa che per la prima volta si ritrova da sola, cade a terra come un sottile foglio abbandonato. Per 21 giorni me ne sto così, nel vuoto, silenzioso e buio di chi non sa cosa fare.

Poi, una mattina accade l'inaspettato. Mi sveglio e mi sento felice. Una sensazione forte, netta, pulita di felicità. Mi sciocca. Come é possibile che io sia felice quando tutto é crollato? E soprattutto, chi é ad essere felice?

Come sbattere la faccia contro un muro. Come aprire gli occhi dopo il sonno. Come uscire dalla nebbia e vedere il sole. Mi sentivo "risvegliata". Ma rispetto a che cosa? E cosa voleva dire "essere risvegliati".

Da lì inizia il mio viaggio verso me stessa. La vera me stessa. Era lei a sentirsi felice. Infatti quelle "due" con cui ho avuto a che fare per tanto tempo, non sono mai state capaci di essere felici.

C'é una parte di me, che é dentro di me ma anche al di sopra di me, che per tanto tempo non ha parlato perchè soffocata da quelle parti che comandavano alternativamente. Ma adesso non é più così. 


Ho iniziato la meditazione come metodo per stabilire un contatto sempre migliore con la mia vera me. Dopo 3 anni, posso dire che il contatto esiste e si é rafforzato. Adesso é Lei che "comanda" la nave. 

Questo non significa che le mie due vecchie amiche non ci siano più. Anzi paradossalmente é solo adesso che io posso effettivamente guardarle da vicino e tentare una mediazione con loro.

Alla parte depressiva cerchiamo di insegnare "l'amore" mentre a quella grandiosa la "misura". Alla tristezza rispondiamo con la compassione e alla rabbia con la pazienza e la calma.

E sapete una cosa? Scopro che in realtà le due parti non sono di per sè negative, come per molto tempo ho pensato che fossero.

Sono insiemi di forze. E come tutte le forze sono neutre. Siamo noi che scegliamo come usarle colorandole di positivo o negativo.

Così la mia parte depressiva nasconde in sè la qualità dell'accoglienza e della cura. E' il femminile più sacro. E' la Madre divina.


La parte grandiosa invece, una volta nobilizzata, diventa il guerriero senza macchia e senza paura. Il maschile che protegge e lotta quando ce ne é bisogno. Il Padre dolce e forte.

Sono archetipi e sta a noi scegliere con quali simboli rivestire la nostra psiche. Con quali tipi di forze vogliamo affrontare il mondo. Se non siamo più bambini che subiscono il mondo, ma adulti che creano e scelgono, ecco che allora possiamo davvero cambiare, prima dentro e poi fuori.

Se non lo facciamo, per paura, per pigrizia o per comodo, allora la responsabilità sarà solo nostra, perchè questo é ciò che distingue un'anima bambina da un'anima adulta, come spero che noi tutti piano piano diventeremo.


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